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Università, quattro giovani su dieci non sanno che cosa fare dopo la Maturità

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puntointerrogativo

Idee confuse e incertezza sul futuro. In una società in cui i giovani sono sempre più lasciati allo sbaraglio, non è di certo facile per i neodiplomati scegliere la strada da percorrere superato lo scoglio della Maturità. Abbandonati libri, appunti e tesine, la prima domanda che si insinua nella mente dei ragazzi è, senza dubbio, «cosa farò da grande?». La risposta arriva da Skuola.net che ha fatto un sondaggio su 5100 diplomati. In base ai dati raccolti, quattro studenti su dieci non hanno le idee chiare sul da farsi e per ben l'80 per cento l'orientamento non è servito a nulla. Quasi la metà degli interpellati, il 43 per cento, non sa cosa fare a settembre. Due ragazzi su tre, però, sembrerebbero volersi iscrivere all'università. Un ragazzo su cinque sembrerebbe optare per Medicina e Professioni Sanitarie, il 17 per cento per Ingegneria Informatica, il 15 per Lingue e materie umanistiche. Università pubblica o privata? Sei su dieci si iscriverebbero in un ateneo statale, ma il 40 per cento dei giovani vorrebbe frequentare un'università privata (di questi il 26 per cento ammette di non potercisi iscrivere solo per una questione economica). Altra questione importante riguarda il mondo del lavoro. Un ragazzo su tre, infatti, vorrebbe subito fare il grande passo, anche se tra gli intervistati il 15 per cento è costituito da indecisi. Tra i giovani intervistati, il 7 per cento vorrebbe fare un'esperienza all'estero per imparare una nuova lingua, il 6 per cento concedersi un anno di riposo per capire come proseguire e il 4 per cento vorrebbe entrare a far parte delle forze armate. Un'altra percentuale uguale di studeni pensa di iscriversi, invece, a dei corsi di formazione non universitaria. In base a cosa si orienteranno, allora? Il 65 per cento si affiderà al suo senso pratico e alle sue inclinazioni personali, mentre il 30 per cento si muoverà in base alle prospettive lavorative.  C'è chi (uno studente su tre), poi, metterebbe da parte attitudini e passioni in cambio di un posto fisso.

Ricerca “Net-Tech Future”, intervista a Ilenia Tinnirello

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Ilenia Tinnirello, ricercatore dell’Università di Palermo e coordinatore tecnico del progetto Europeo Flavia recentemente concluso, è stata intervistata nel primo numero del 2014 del magazine “Net-Tech Future” pubblicato dalla Commissione Europea (dove vengono descritti i progetti di maggior successo nell’ambito delle telecomunicazioni).

Tinnirello Ilenia

Nell’articolo, intitolato Wireless protocols on the fly, Ilenia Tinnirello descrive l’evoluzione dei terminali mobili proposta nel progetto: come nella storia dei computer si è passati da macchine specializzate a macchine “general purpose” capaci di eseguire programmi che svolgono compiti molto diversi, allo stesso modo i terminali mobili possono evolvere da esecutori di standard specifici (GSM/GPRS/UMTS/LTE) in continuo aggiornamento a esecutori di protocolli programmabili e scaricabili tramite la stessa rete. Il successo del progetto è stato determinato dalla dimostrazione della fattibilità dell’approccio tramite la realizzazione di un prototipo.

Il team dell’Università di Palermo, guidato da Ilenia Tinnirello, in virtù del lavoro svolto nell’ambito del progetto FLAVIA, ha ottenuto importanti riconoscimenti scientifici ed è stato coinvolto in varie proposte progettuali nell’ambito del programma HORIZON 2020 per contribuire alla definizione delle reti cellulari di quinta generazione (5G), che rappresenteranno una trasformazione radicale dei sistemi esistenti.

Il contenuto integrale dell’intervista è disponibile online cliccando qui.

Viaggi nel tempo? Si simulano in laboratorio

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Siete appassionati di fantascienza, divoratori degli interminabili racconti di Ritorno al futuro? Sognate da sempre la possibilità di realizzare "viaggi nel tempo"? Allora mettetevi comodi e "ascoltate". Gli scienziati dell’Università del Queensland hanno riprodotto in laboratorio il viaggio nel tempo di alcuni fotoni, ovvero quelle particelle di luce che sono alla base della fisica quantistica. Gli studiosi hanno così fatto viaggiare i fotoni in un circuito spazio-temporale che prevedeva un percorso in cui alla fine ritornavano nello stesso punto dello spazio, ma si ritrovavano in un tempo precedente...

In 10 anni formati 65mila ricercatori ma solo 1 su 10 è stato assunto

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ricercatori

Ricercatori? Solo un immenso «spreco di risorse umane»: così Flc Cgil ha definito la dispersione dei ricercatori formati dagli atenei italiani. Negli ultimi dieci anni le università nostrane ne hanno formati circa 65mila ma, carte alle mani, «solo uno su dieci è stato poi effettivamente assunto». Solo per poco meno del sette percento dei ricercatori precari italiani, in poche parole, il sogno dell’inserimento in pianta stabile nell’organico di un ateneo diventa realtà, mentre per il 93 percento rimane un miraggio. E gli altri? Che futuro si prospetta per coloro che, dopo anni trascorsi a portare avanti studi o a tenere lezioni, si sono visti scadere il contratto a tempo determinato, con la conseguente chiusura delle porte del mondo accademico? Semplicemente nessun futuro, anni di precariato, anni di frustrazione. Perlomeno all’interno del contesto nazionale, perché spesso i cervelli che non abbiamo saputo valorizzare se ne sono andati all’estero. Dall’indagine è emerso anche che nel decennio 2003-2013 sia cresciuto vistosamente il ricorso da parte delle università ai contratti a tempo determinato, a quelli a progetto, agli assegni di ricerca e alle borse post-doc, che sono passati da 18mila a 31mila. A determinare questa situazione – non c’è da stupirsi - sono diversi fattori: primo fra tutti il blocco del turn over che flagella il sistema da anni e impedisce l’assorbimento di forze nuove. La ricerca Flc Cgil, infine, ha mostrato che, in poco più della metà dei casi, si tratta di donne (57 percento), con un’età di circa 35 anni e senza figli. Per loro, la media è di sei contratti a tempo determinato accumulati ma c’è anche chi ne ha avuti trenta...

L’Università degli Studi di Palermo al fianco delle produzioni lattiero-casearie

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formaggi

Come si fa a capire se un formaggio venduto come Vastedda della Valle del Belìce deriva effettivamente dal latte di ovini di razza Valle del Belìce? E come è possibile distinguere un formaggio Ragusano prodotto solo con latte di Modicana da uno contraffatto? A queste e ad altre domande relative alla tracciabilità delle produzioni lattiero-casearie è da oggi possibile rispondere grazie all’analisi molecolare del patrimonio genetico delle razze che permette, tramite analisi del DNA, l’autenticazione inequivocabile del prodotto finito ottenuto con la materia prima di razze autoctone siciliane. È questa la soluzione proposta da un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Palermo, guidati dal prof. Baldassare Portolano - docente di Genetica Animale, che negli ultimi anni ha indirizzato i propri sforzi verso l’individuazione di precisi strumenti tecnologici innovativi utili a certificare i prodotti lattiero-caseari su base microbiologica e molecolare. Partendo dalla constatazione che i prodotti lattiero-caseari siciliani tipici hanno spesso difficoltà a imporsi sui mercati nazionali e internazionali, caratterizzati dalla crescente diffusione di formaggi soggetti a contraffazione, il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze e Agrarie e Forestali dell’Università di Palermo, ha messo a punto una serie di tecnologie avanzate nell’àmbito della microbiologia agraria e industriale e della biologia molecolare che consentono di identificare in modo inequivocabile, sulla base di accurate analisi di laboratorio - e non soltanto di dati documentali - la razza da cui proviene il prodotto, nonché le caratteristiche organolettiche e l’origine degli ingredienti di cui esso è composto. La Vastedda della Valle del Belìce, il Ragusano, il Pecorino siciliano, il Caciocavallo palermitano, sono solo alcune delle produzioni sottoposte ad analisi: «L’attività di ricerca», sottolinea il professor Portolano, «ha previsto il prelievo di campioni biologici e da semilavorati di produzione aziendale e da prodotti finiti, e l’effettuazione di analisi microbiologiche e molecolari a livello di DNA, al fine di ottenere dettagliate informazioni che permettano di certificare, in maniera univoca e oggettiva, i legami prodotto-territorio, territorio-razza e prodotto-razza, fornendo utili informazioni in materia di sicurezza alimentare e autenticità». Metodologie e tecnologie di autenticazione che potranno essere applicate a tutti i prodotti lattiero-caseari che presentino chiari elementi di tipicità e unicità, in termini di legame con una specifica razza o con uno specifico territorio, e che potranno da oggi essere autenticati in maniera certa e inequivocabile. Le verifiche, infatti, non saranno più effettuate su base documentale, come oggi avviene per molte produzioni lattiero-casearie, ma saranno basate su strumenti oggettivi, cioè su protocolli di analisi molecolari e/o proteomiche. Un risultato importante, dunque, se si pensa che contrastare le contraffazioni, attraverso strumenti semplici e veloci come questi, permette non solo di salvaguardare i consumatori, ma anche di valorizzare tutte le realtà produttive in cui si opera secondo determinati standard di sicurezza e autenticità.

Gran Bretagna, cocaina agli studenti per ricerca

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cocaina

«Cercasi giovani volontari maschi in buonasalute, tra i 25 e i 40 anni, per prendere parte ad uno studio clinico che comporterà l’assunzione per via nasale di cocaina»: con questa mail un professore del King’s College di Londra ha cercato di capire quale dei propri studenti potesse essere interessato alla sua ricerca, quantomeno stramba e anomala. A riportare la vicenda (che altrimenti avrebbe tutta l’aria di essere un fake!) è stato l’Huffington Post britannico, suscitando più di una polemica e portando l’università a rispondere in prima persona. «L’idea del docente ha ricevuto tutte le approvazioni necessarie», è stata la risposta secca dell’ateneo. Va bene l’amore per la ricerca, ma questo non vi sembra un po’ troppo? In quanti avranno partecipato? E voi, lo fareste?

Al professore Angelo Leone premio dalla Laas per la cooperazione Italia – Libano

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Assegnato al professore Angelo Leone, docente di “Istologia ed embriologia generale”, presso l’Università di Palermo, un riconoscimento per il contributo scientifico (oltre 13 articoli su Pubmed), fornito nell’area geografica del Medio Oriente. Il premio è stato assegnato dalla Laas, la Società mediorientale per la ricerca di base, in virtù della cooperazione internazionale in atto tra la Sezione di Istologia ed Embriologia del Dipartimento BioNec dell’Ateneo palermitano e l’American University di Beirut, Dipartimento di Morfologia Umana, diretto dal professore Abdo Jurjus. La cooperazione tra la sezione di Istologia ed embriologia è iniziata nel 2008 dopo tre anni di lavori sperimentali effettuati nei laboratori di Palermo e Beirut. «Questa cooperazione – spiega il docente palermitano – mi ha permesso di recarmi in Libano tre volte l'anno e grazie anche alla sponsorizzazione del ministero per la Ricerca libanese. La società Laas, mi ha conferito questo “Award” come ringraziamento per il contributo scientifico da me garantito alla ricerca libanese».

Carta europea dei ricercatori, l’Ateneo di Palermo va a Bruxelles

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università

L’Ateneo di Palermo selezionato tra ventisei università europee per partecipare al progetto Hrs4r, Human Resource strategy for Researchers, che si terrà il prossimo autunno a Bruxelles. Si tratta di un progetto della Commissione europea per aumentare lo scambio di conoscenze e di saperi tra i ricercatori degli Stati membri che stanno lavorando da anni alla creazione di un luogo comunitario di ricerca e innovazione; ovvero l’Era, l’European Research Area. L’Università di Palermo comparirà quindi tra i sei atenei selezionati che porteranno alla comunità scientifica due storie di successo e verrà rappresentata in qualità di relatrice da Eleonora Riva Sanseverino docente di Energia, Ingegneria dell'Informazione e Modelli Matematici. Le due “best practices” dell’Università di Palermo riguardano le attività e i risultati di un gruppo di giovani formati seguendo la Carta Europea dei Ricercatori, lo strumento attraverso il quale le istituzioni comunitarie stanno cercando di formare una nuova generazione di ricercatori, capaci di una stretta connessione con la società e con la dimensione produttiva; la seconda riguarda i corsi di formazione che hanno accresciuto il senso di appartenenza dei ricercatori alle Scuole di provenienza favorendo legami interdisciplinari e disincentivando la “fuga dei cervelli”.

L’alcolismo blocca l’apprendimento, tra i ricercatori anche professoressa Unipa

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L’alcolismo blocca l’apprendimento. Udite bene giovani amanti della movida cittadina che di sera in sera bazzicate da un locale all’altro con un immancabile drink tra le mani. Durante l'astinenza da alcol il cervello modifica e rallenta le sue funzioni fondamentali, come apprendimento e memoria. Il meccanismo, come una sorta di reset emotivo, favorisce la continua assunzione di alcol. Come dire: notte da leoni, mattina da c…. Lo ha scoperto un team di ricercatori coordinato da Marco Diana del Laboratorio di Neuroscienze cognitive "G. Minardi" del Dipartimento di Chimica e Farmacia dell'Università degli Studi di Sassari, in collaborazione con i prof. Saturnino Spiga ed Enrico Sanna del Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente dell'Università di Cagliari e la professoressa Carla Cannizzaro dell'Università di Palermo. Sappiamo tutti che l’ingente mole di informazioni apprese da ogni essere umano nell’arco della sua esistenza viene immagazzinata nel sistema nervoso. Bene. Per mantenere un cervello altamente flessibile, non solo generare nuove memorie ma anche per dimenticare è essenziale per adattarsi all'ambiente costantemente mutevole che ci circonda. «Questo comportamento virtuoso - spiega il professor Marco Diana - non si riscontra nel cervello dell'alcolista in astinenza a causa della mancanza di dopamina, che provoca una drastica riduzione di spine dendritiche nei neuroni spinosi del “Nucleo Accumbens-Striato ventrale” (area fondamentale per l'integrazione delle emozioni)». Già proprio così. «La mancanza di spine dendritiche impedisce la formazione di meccanismi come Long Term Depression mediati dal glutammato – prosegue - che alterano profondamente processi emotivi e "decision making" dell'alcolista». In sintesi un drink ogni tanto fa bene ma mai esagerare, ne va della vostra vita oltre che della vostra carriera universitaria.

A breve il bando per il XXX ciclo del Dottorato di Ricerca

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Unipa

È in corso di emanazione il concorso pubblico per l'ammissione ai corsi di Dottorato di Ricerca - ciclo XXX, con inizio dei corsi a dicembre 2014 - sede amministrativa presso l'Università degli Studi di Palermo. Gli interessati potranno prendere visione del bando qui e la scadenza per la presentazione delle domande di ammissione al concorso sarà fissata al 30° giorno successivo a quello della pubblicazione sulla pagina web dell'Ateneo. Per informazioni e consulenza si può contattare l'ufficio competente: Settore Formazione per la Ricerca - UOB18 Dottorati di Ricerca - Tel. 091 23893139 - 93123.

Pubblicato il Bando di concorso per il Dottorato di Ricerca XXX ciclo

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Unipa

L’Università di Palermo ha pubblicato il Bando di concorso per il Dottorato di Ricerca XXX ciclo, per titoli e colloquio, titoli prova scritta e colloquio. I corsi di Dottorato di Ricerca di durata triennale sono con borsa e senza borsa e gli eventuali posti riservati a studenti laureati all’estero con o senza borsa di studio per un totale di 154 posti. Per ciascuno dei corsi sono specificati le tematiche di ricerca, i curricula in cui è articolato il corso (se presenti), i titoli di accesso, le modalità di selezione, le date e il luogo di svolgimento della prova, che riporta lo stesso numero del codice concorso. Possono presentare domanda di partecipazione al concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca, senza limitazioni di età e cittadinanza, i candidati in possesso di Diploma di laurea specialistica (D.M. n. 509/1999), Diploma di laurea magistrale (D.M. 270/2004), Diploma di laurea V.O. (vecchio ordinamento), Titolo accademico analogo conseguito all'estero, di durata almeno quadriennale, preventivamente riconosciuto dalle competenti autorità accademiche anche nell'ambito di accordi interuniversitari di cooperazione e mobilità. Può presentare domanda di partecipazione al concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca anche chi è già in possesso di un titolo di dottore di ricerca. In tal caso il candidato potrà essere ammesso a frequentare il corso di dottorato, previo superamento delle prove di esame, su un posto non coperto da borsa. Il termine per la presentazione delle domane scade il 24 settembre 2014. Per informazioni e consulenza si può contattare il Settore Formazione per la Ricerca – UOB18 Dottorati di Ricerca – Tel. 091/23893139 – 091/23893123 - o ci si può collegare al portale Unipa.

Antonino Bianco visiting professor all’Ankara University

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antoninobianco

Il "protein project" continua a riscuotere interesse da parte della comunità scientifica internazionale e in questo contesto il prof. Antonino Bianco, docente presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche, della Società e dello Sport - sez. Dismot, sarà ospite dell’Università di Ankara dall’11-18 settembre per illustrare nel dettaglio le caratteristiche del progetto. L’iniziativa, coordinata dall’ateneo palermitano, vede ormai coinvolti numerosi atenei stranieri e che ha già alle spalle un buon numero di evidenze scientifiche. Subito dopo dal 26 al 30 settembre, il prof. Bianco volerà negli Stati Uniti presso l’Harvard medical school di Boston, il dipartimento di public health più prestigioso al mondo, dove illustrerà il progetto. «In quella circostanza – spiega il docente – proverò a convincere il prof. Stefanos che, per i vigili del fuoco e le forze dell’ordine dell’intero Massachusetts, il protein project può rappresentare un valido supporto per il miglioramento delle performance lavorative e della qualità di vita».

L’Università di Palermo “ritrova” il pane tipico di Piana degli Albanesi

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pagnotta piana degli albanesi

Quali sono le caratteristiche che rendono “tipico” un prodotto da forno? E, soprattutto, esiste un pane tipico prodotto nel pieno rispetto dei processi tradizionali? A queste domande ha risposto un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Palermo, guidato dal prof. Baldassarre Portolano, responsabile scientifico del progetto “Applicazione di biotecnologie molecolari e microrganismi protecnologici per la caratterizzazione e valorizzazione delle filiere lattiero-casearia e prodotti da forno di produzioni tipiche”, finanziato nell’ambito del PON Ricerca e Competitività 2007-2013. Partendo dal presupposto che il consumo di prodotti tipici rappresenta ormai una concreta risposta alla ricerca di autenticità da parte di un consumatore costantemente preoccupato della sicurezza delle proprie scelte alimentari, uno degli obiettivi del progetto era infatti quello di “riscoprire” le caratteristiche tipiche, non soltanto aromatiche, di un pane che – come la pagnotta di Piana degli Albanesi – aveva subito negli ultimi anni un calo delle vendite, a causa della perdita del suo carattere di tipicità, non più riconosciuto dagli abitanti del territorio. Il lavoro è partito dalla caratterizzazione microbiologica delle farine locali, che sono state campionate subito prima del processo di fermentazione, allo scopo di fotografare la popolazione microbica in esse presente al momento della trasformazione in impasto. Dato che uno degli elementi che conferisce tipicità al pane di Piana degli Albanesi è costituito proprio dal processo di produzione tradizionale, tramandato nel corso del tempo di generazione in generazione, le farine sono state trasformate seguendo l’antico metodo della fermentazione naturale, che non solo avrebbe conferito al pane un sapore e un odore “tradizionale”, ma l’avrebbe anche reso più digeribile. A questo punto, i ceppi appartenenti al gruppo dei batteri lattici, principali responsabili del processo di “lievitazione naturale”, sono stati isolati, caratterizzati a livello genetico, tramite analisi di DNA, e sottoposti a vari test tecnologici per valutarne le performance durante il processo di trasformazione. Quindi, tra questi batteri sono stati individuati alcuni ceppi eterofermentanti, capaci non soltanto di produrre acido lattico, ma anche acido acetico e anidride carbonica, caratteristiche “tipiche” dei batteri utili per una lievitazione naturale ottimale, in grado di influenzare positivamente l'odore e il sapore del pane. «Nello specifico - dice Luca Settanni, ricercatore di microbiologia agraria impegnato in prima linea in questo progetto - i batteri utilizzati durante lo scale-up del processo sono stati Leuconostoc citreum PON10079 e PON10080 e Weissella cibaria PON10030 e PON10032, in quanto caratterizzati dalle migliori performance tecnologiche in vitro. Questi microrganismi sono stati quindi dapprima impiegati su farine locali sottoposte a sterilizzazione mediante raggi gamma per valutare le loro potenzialità in vivo, in assenza di batteri competitori. Successivamente, i batteri lattici selezionati sono stati testati con farine utilizzate a livello industriale, in condizioni reali e su grandi volumi». Dopo la verifica dei parametri chimico-fisici e microbiologici, a livello di laboratorio, il pane ottenuto dall'impasto fermentato naturalmente è stato messo in produzione. Grazie a tale progetto, la produzione del pane di Piana degli Albanesi a lievitazione naturale ha subito, nell’ultimo anno, è molto richiesta: «il pane adesso – sostiene un anziano del luogo – ha il sapore e l’odore di una volta», oltre a un’alveolatura uniforme, a un volume maggiore e a una digeribilità migliore. Un progetto all’avanguardia, dunque, quello finanziato dal Miur e portato avanti dall’Università degli Studi di Palermo, in grado di generare un impatto positivo, non solo economico ma anche sociale, sul territorio. È innegabile, infatti, che l’individuazione delle caratteristiche che rendono tipico un prodotto alimentare rappresenta il primo passo di un processo di valorizzazione volto sia ad incrementare la competitività di un territorio sia a rafforzare l’identità e la cultura locale di cui quel prodotto è espressione.

A ricercatore Unipa l’Hans-Jurgen Engell Prize 2014

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Conferito al dr. ing. Fabio La Mantia l’Hans-Jurgen Engell Prize 2014. Il riconoscimento è stato assegnato nel corso del 65° Congresso annuale della International Society of Electrochemistry (ISE), tenutosi la prima settimana di settembre presso l’Ecole Polytechnique Federale de Lausanne. Il premio, uno dei più antichi e prestigiosi riconoscimenti istituito dall’ISE, viene assegnato a ricercatori, under-35, che si sono distinti per la qualità delle ricerche svolte nel settore della “Electrochemical Materials Science”. Fabio La Mantia si è laureato, nel marzo 2005, presso il nostro Ateneo con il massimo dei voti e la lode discutendo la tesi “Caratterizzazione elettrochimica e fotoelettrochimica di semiconduttori amorfi”, svolta presso il laboratorio di Elettrochimica Applicata della Facoltà di Ingegneria, relatori Proff. Franco Di Quarto e Monica Santamaria. Vincitore di borsa di dottorato presso il Paul Scherrer Institut di Zurigo, il dr. La Mantia ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca (Giugno 2008) presso il Politecnico di Zurigo con una tesi sui materiali per batterie al litio ad alta densità di energia. Dall’Ottobre 2008 al Maggio 2010 ha lavorato presso il Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali dell’Università di Stanford, come Post-doc Research Associate, svolgendovi ricerche su materiali nanostrutturati per accumulo di energia per via elettrochimica. Dal giugno 2010 dirige nella qualità di Junior Group Leader il laboratorio di “Semiconductor electrochemistry and electrochemical energy conversion” dell’Università di Bochum. Il premio H-J Engell assegnato al dr. La Mantia, otto anni dopo analogo riconoscimento attribuito alla prof.ssa Monica Santamaria, testimonia delle notevoli doti di ricercatore del dr. Fabio La Mantia e della continuità e qualità dell’impegno didattico-scientifico profuso dal gruppo di ricerca in “Electrochemical Materials Science” del DICAM con il quale La Mantia ha continuato a collaborare nel corso degli ultimi dieci anni.

Importante riconoscimento a Michele Tedesco, dottorando di Ingegneria Chimica

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Michele Tedesco

Assegnato a Michele Tedesco, dottorando di Ingegneria Chimica, il premio “Best Presentation Award”. Il prestigioso riconoscimento è stato conferito nel corso della “2nd International Conference on Salinity Gradient Energy" (Leeuwarden, Olanda, 10 - 12 settembre 2014), la più importante conferenza internazionale nel settore della produzione di energia da gradienti salini. Un panel formato dai più illustri studiosi al mondo conferisce il premio al giovane ricercatore che si è maggiormente distinto per la qualità dei contenuti, dei risultati e dell’esposizione della propria presentazione. «Tale premio – dichiara il professore Giorgio Micale, Associato di Teoria dello Sviluppo dei Processi Chimici - rappresenta un ulteriore riconoscimento per il gruppo di ricercatori del DICGIM, che aveva già ricevuto all’inizio del corrente anno la Senior Moulton Medal 2013 da parte dell’Institution of Chemical Engineers per il miglior articolo scientifico pubblicato nelle riviste ISI dell'IChemE». Michele Tedesco si è laureato, nel novembre 2011, presso l’Ateneo di Palermo con il massimo dei voti e la lode con una tesi dal titolo “Modellazione Multi-Scala del Processo di Elettrodialisi Inversa per la Produzione di Energia da Salamoie Saline” sotto la supervisione dei docenti Giorgio Micale e Andrea Cipollina. Nel mese di dicembre 2014 concluderà il suo corso di dottorato di ricerca in ingegneria chimica presentando una tesi dal titolo: “Multi-Scale Modelling for Electro-Membrane Processes”. Il lavoro presentato da Michele Tedesco dal titolo "Performance analysis of the first Reverse Electrodialysis prototype plant operating with natural brackish water and salt pond brine” è relativo al complesso insieme di attività che sono state portate avanti dal gruppo di ricerca del DICGIM, di cui fanno parte i docenti Giorgio Micale ed Andrea Cipollina, ed i collaboratori Alessandro Tamburini, Luigi Gurreri, e lo stesso Michele Tedesco. Tali attività si sono tradotte con pieno successo nel primo impianto prototipo al mondo in grado di produrre energia elettrica miscelando acqua salmastra e salamoia di salina, nell'ambito del progetto di ricerca EU-FP7 REAPower.

A ricercatore Unipa l’Outstanding Reviewer Award dall’EuroMed Journal of Business

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Assegnato ad Antonino Galati, ricercatore di “Economia ed Estimo Rurale” afferente al Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali, l’Outstanding Reviewer Award dall’EuroMed Journal of Business.

Il prestigioso riconoscimento internazionale è stato conferito in occasione della 7th Annual Conference of the EuroMed Academy of Business – The Future of Entrepreneurship tenutasi in Norvegia nei giorni 18 e 19 settembre 2014.

Emeral Group Publishing, prestigiosa casa editrice a livello internazionale, premia annualmente i migliori revisori che contribuiscono al successo delle sue riviste.

Tra queste l’EuroMed Journal of Business che è l’unica rivista di management e marketing che stimola il dialogo e lo scambio tra ricercatori euro-mediterranei ed incoraggia la ricerca in questa ampia regione.

La rivista si propone di stimolare la ricerca su argomenti legati all’organizzazione e gestione delle imprese che operano nei diversi settori economici, contribuendo a diffondere nuove pratiche e idee per le regioni europee e mediterranee.

Doppio riconoscimento scientifico ad assegnista Unipa

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Giuseppe Cavallaro

Giuseppe Cavallaro, assegnista di ricerca presso il Dipartimento Fisica e Chimica, ha conseguito il premio nazionale “Giovanni Semerano 2014” per la tesi svolta nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Scienze Chimiche. Il Premio gli è stato conferito dalla Divisione di Chimica Fisica della Società Chimica Italiana in occasione del Congresso Nazionale della Società Chimica Italiana tenutosi ad Arcavacata di Rende da 7 al 12 settembre 2014. Il titolo della tesi è Innovative smart materials designed for environmental purposes. Il dott. Cavallaro ha avuto come tutors il prof. Antonio Gianguzza e il dott. Giuseppe Lazzara del Dipartimento di Fisica e Chimica. Il dott. Cavallaro ha, inoltre, ricevuto il Premio “Alberto Lucci 2014”. Questo prestigioso riconoscimento è stato assegnato dall’Associazione Italiana di Calorimetria e Analisi Termica (AICAT) durante il Congresso Nazionale AICAT svoltosi a Cagliari nel periodo 8-11 settembre 2014. La Commissione giudicatrice ha deciso all’unanimità di assegnare al dott. Cavallaro il premio per il contributo apportato nel campo della termodinamica di sistemi nanostrutturati ecocompatibili funzionali all'Ambiente e ai Beni Culturali. In occasione della premiazione, il dott. Cavallaro è stato invitato a tenere una Award Lecture dal titolo Calorimetry and thermal analysis: valuable techniques for the development of ecocompatible nanomaterials.

Fondazione Italiana Linfomi premia giovane ricercatore Unipa

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È stato attribuito al dottor Giovanni Franco il premio bandito dalla Fondazione Italiana Linfomi (FIL onlus) per l’anno 2014, destinato a giovani ricercatori che abbiano pubblicato rilevanti ricerche sulla biologia o clinica dei linfomi.

Il premio, intitolato alla memoria del prof. Ercole Brusamolino e istituito in collaborazione con la Rete Ematologica Lombarda, sarà consegnato durante la riunione plenaria della FIL onlus che si terrà a Rimini nei giorni 2-4 ottobre 2014.

Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato per un contributo originale ed innovativo nella ricerca sui linfomi splenici, pubblicato quest’anno su Blood, giornale ufficiale dell’ American Society of Hematology.

Il dott. Franco è un medico specialista in Ematologia e dottorando di Medicina Molecolare-Biopatologia di cui è coordinatore il prof. Calogero Caruso.

A ricercatore Unipa il “Premio Berlucchi Giovani Ricercatori”

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Claudio Tripodo, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute e Materno Infantile, Sezione di Anatomia Patologica ha vinto il “Premio Berlucchi”, il concorso per Giovani Ricercatori emanato dalla omonima Fondazione diretta dal prof. Alessandro Paterlini. I lavori di Tripodo sono stati selezionati da parte dell’apposito Comitato Tecnico Scientifico su 141 giovani ricercatori, molti dei quali di ottima qualità, per il suo impegno scientifico.

La Cerimonia di premiazione durante la quale è stata consegnata una medaglia e un contributo di 8.000 euro, si è svolta a Borgonato di Corte Franca (Brescia) lo scorso 15 settembre.

Il “premio Berlucchi Giovani Ricercatori” è un premio per la ricerca in campo oncologico e viene assegnato ogni anno a giovani ricercatori che hanno conseguito successi significativi nel campo della ricerca oncologica. Il premio è molto rinomato presso la comunità scientifica della ricerca biomedica e non era mai stato attribuito ad un ricercatore di un ateneo Siciliano.

Ad essere state valutate degne di attribuzione del premio sono le ricerche svolte presso il Laboratorio Airc di Immunologia dei Tumori diretto dallo stesso Claudio Tripodo, presso il Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute e Materno Infantile di cui è responsabile il prof. Giovanni Corsello. Di particolare interesse gli studi aventi come oggetto il ruolo del microambiente stromale nella genesi e nella progressione delle leucemie, del carcinoma della mammella e del carcinoma della prostata.

«Il mio laboratorio opera in sinergia con l’Unità di Immunologia Molecolare dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano diretta dal dott. Mario Colombo – dichiara Tripodo – nel contesto di numerosi progetti di ricerca di respiro nazionale ed internazionale. Presso il laboratorio insiste una fervida attività di revisione diagnostica centralizzata di casistiche di neoplasie ematologiche finalizzata alla conduzione di protocolli coordinati dalla Fondazione Italiana Linfomi. I miei collaboratori hanno avuto tutti un ruolo centrale nel conseguimento dei successi del gruppo da me coordinato, pertanto ci tengo a ringraziare i dottori Carla Guarnotta, Alessandro Gulino, Lucia Bongiovanni, Beatrice Belmonte, Giulio Giannone, e Salvatore Buffa».

Concorso per ricercatore all’Università degli Studi di Palermo

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Ricerca

Indette dall’Università degli Studi di Palermo le procedure selettive, per titoli e colloqui, finalizzate all'assunzione di 13 ricercatori a tempo determinato a regime di impegno a tempo pieno, con contratto di diritto privato, per lo svolgimento di attività di ricerca, didattica integrativa e di servizi agli studenti, presso i Dipartimenti, nei settori concorsuali e settori scientifico disciplinari. I posti disponibili riguardano i dipartimenti di Scienze Agrarie e Forestali; Architettura; Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche; Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche; Ingegneria Civile, Ambientale, Aerospaziale e dei Materiali; Energia, Ingegneria dell'Informazione e Modelli Matematici; Scienze umanistiche; Biomedico di Medicina Interna e Specialistica; Studi Europei e della Integrazione Internazionale; Diritti, Economia, Management, Storia, Lingue e Culture. Possono partecipare alla selezione i candidati in possesso del titolo di dottore di ricerca, conseguito in Italia o all’Estero. Il modulo della domanda scaricabile dal sito una volta compilato dovrà essere inviato tramite posta elettronica certificata (PEC), all’indirizzo pec@cert.unipa.it. Il termine per la presentazione delle domande scade il 20 ottobre 2014. Per info cliccate qui.
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